lunedì 16 giugno 2008


Nell’era della flessibilità gli italiani sognano il posto fisso

Da un'indagine condotta dall’Ispo, l’Istituto di ricerca guidato da Renato Mannheimer emerge che nonostante il mercato chieda flessibilità, l’Europa chiede flessibilità, gli italiani sognano il posto fisso. I giovani sognano il posto in banca o in un ministero. Sognano stabilità e sicurezza. Nel resto d’Europa a riguardo sono state fatte esperienze interessanti, ma l’’Italia, invece, su questo terreno è indietro. Maurizio Sacconi, ministro del Welfare, ora sta riprendendo in mano la questione. Si parla di nuova cultura del lavoro. Un discorso difficile a cui vanno trovate soluzioni per un tipo di flessibilità “guidata”, con ammortizzatori nei periodi di vuoto.
Da noi la flessibilità è percepita negativamente e la progressiva diffusione delle nuove tipologie di contratti temporanei è la ragione di un clima di scontentezza. Sono soprattutto i giovani la fascia di lavoratori maggiormente coinvolti nella trasformazione del mercato e di conseguenza sono i primi a scontrarsi con i problemi non risolti. Per la maggioranza di loro, infatti, essere un lavoratore atipico ha rappresentato un fattore discriminante e un ostacolo a scelte esistenziali. L’acquisto, l’affitto di una casa, la nascita di un figlio o un prestito in banca sono stati un problema.
Secondo le stime Istat tra il 2006 e il 2007 i 537 centri per l’impiego pubblici hanno collocato solo 95mila persone nell’arco di due anni, impiegando 15mila addetti. Manpower/(Agenzie Interinali), con 450 filiali e 2mila dipendenti, nel solo 2007 ha avviato al lavoro circa 120mila persone con i contratti atipici. Di queste persone il 40% dopo un anno ha avuto un contratto stabile, a tempo indeterminato.
Ma quali sono i livelli di soddisfazione dei lavoratori? Molto soddisfatti, 34%; abbastanza soddisfatti, 24%; poco soddisfatti, 11%; per nulla soddisfatti, 8%; non sa il 23%. In realtà si scopre che chi è entrato “flessibile” dopo un anno o due si stabilizza. Notevole è il dato che chi è più forte considera la flessibilità un’occasione, chi è più debole la teme.
Gli italiani, in genere, sono ancorati all’idea di stabilità. Anche se l’Unione europea, che con gli obiettivi di Lisbona ha delineato degli standard, sostiene che dovremmo fare passi avanti sulla strada dei nuovi contratti. Siamo al di sotto della media Europea.
Ma che cosa pensano gli italiani del proprio impiego? Sei persone su dieci si ritengono mediamente soddisfatte. Tra gli aspetti del lavoro che gli italiani considerano di maggiore importanza spicca la “sicurezza del posto”, indicata dal 28% degli intervistati come prima risposta. La stabilità è ritenuta più importante dello stipendio, che viene collocato al secondo posto. Il confronto con i risultati di un analogo sondaggio condotto nel 2001 evidenzia che c’è stato un forte incremento nella rilevanza data alla stabilità dell’impiego, passata dal 18 al 28%, di contro si è verificato un calo dell’interesse riferito al reddito e al tipo di lavoro, passati rispettivamente dal 18 al 16% e dal 15 al 14%. Dal 2001 al 2007 è balzata dal 59% al 73% la quota di «chi preferisce un impiego sicuro anche se meno redditizio, mentre scende dal 18 al 15% la percentuale di chi mette lo stipendio al primo posto». «Tutto questo - osserva ancora l’Ispo - nonostante l’indagine mostri che l’80% degli occupati sia tuttora assunto a tempo indeterminato». Inoltre per il 73% degli intervistati i contratti a termine hanno «accresciuto l’insicurezza sociale», mentre il 61% ritiene che «un mercato del lavoro flessibile sia in primo luogo un mercato precario». E, osserva l’indagine, sono «proprio i lavoratori dipendenti e gli impiegati a tempo indeterminato a condividere maggiormente (80%) queste opinioni e a rivelare maggiore sfiducia nella capacità del sistema di offrire le giuste opportunità e un adeguato livello di stabilità alla popolazione attiva».
L’indagine mostra un «Paese abbastanza soddisfatto ma molto spaventato», incapace di cogliere i cambiamenti in atto e le opportunità di crescita». Ma una ragione c’è. Il mercato chiede il superamento del modello del posto fisso. Però gli italiani non hanno fiducia nei confronti delle nuove forme contrattuali perché finora non hanno avuto fiducia nelle istituzioni che non garantivano il sostegno e le tutele necessarie ad equilibrare l’instabilità implicita in un contratto a termine. C’è comunque anche una parte della popolazione che condivide «maggiore fiducia nelle opportunità offerte dai contratti temporanei e considera la flessibilità come una “condizione indispensabile del mercato moderno”». E questo non è solo il punto di vista di imprenditori e liberi professionisti, 59%, ma è diffuso in generale tra i residenti del Nord Italia, 55%, e «trova sempre maggiori consensi al crescere del livello dell’istruzione».

Nessun commento: