Con sentenza n. 22858 dell’11 settembre 2008, la Cassazione, dopo aver affermato che per identificare il mobbing non occorre che la condotta si sia protratta per un ampio periodo, puntualizza le sue caratteristiche:
la condotta del datore di lavoro deve protrarsi nel tempo con l’obiettivo di danneggiare il lavoratore e si distingue da singoli atti non legali come, ad esempio, la dequalificazione;
la volontà deve essere indirizzata al danneggiamento del lavoratore: esso può avvenire sul piano professionale, su quello morale, fisico o sessuale;
il datore di lavoro può, sulla base dell’art. 2087 c.c., adottare tutte le misure necessarie affinché la condotta lesiva, anche se portata avanti da altro dipendente, cessi: tutto questo ai fini della tutela dell’integrità fisica e morale del lavoratore.
La sua responsabilità esiste anche se materialmente la condotta è posta in essere da un altro dipendente.
la condotta del datore di lavoro deve protrarsi nel tempo con l’obiettivo di danneggiare il lavoratore e si distingue da singoli atti non legali come, ad esempio, la dequalificazione;
la volontà deve essere indirizzata al danneggiamento del lavoratore: esso può avvenire sul piano professionale, su quello morale, fisico o sessuale;
il datore di lavoro può, sulla base dell’art. 2087 c.c., adottare tutte le misure necessarie affinché la condotta lesiva, anche se portata avanti da altro dipendente, cessi: tutto questo ai fini della tutela dell’integrità fisica e morale del lavoratore.
La sua responsabilità esiste anche se materialmente la condotta è posta in essere da un altro dipendente.
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